Alla scoperta della Sicilia Sotterranea

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Sicilia Sotterranea – Sotto i piedi di chi attraversa la Sicilia, si estende un altro mondo. Invisibile agli occhi frettolosi, silenzioso anche quando la superficie brulica di voci e traffico, questo mondo sotterraneo è antico quanto l’isola stessa. Lo si scopre per frammenti, varcando una porta in ferro, scendendo una scala nascosta, o seguendo una guida che, armata di torcia, accompagna il visitatore in uno dei tanti luoghi dove il tempo si è addensato nella pietra. È la Sicilia sotterranea: un’isola sotto l’isola, fatta di tombe, cunicoli, cripte, acquedotti, rifugi e passaggi segreti che raccontano una storia parallela, profondissima e reale.

La Sicilia è una terra che si lascia scavare. La sua geologia – calcareniti, tufi, basalti e sabbie compatte – ha permesso nei secoli a greci, romani, arabi, bizantini, normanni e moderni abitanti di modellare il sottosuolo. Ne sono nate vere e proprie città secondarie, dove si svolgevano i riti dei morti, i percorsi dell’acqua, le vie della paura e della preghiera. In alcuni casi, questi ambienti sotterranei sono più antichi delle città moderne che li sovrastano. In altri, sono stati costruiti in fretta, per difendersi o per scomparire. Eppure, hanno tutti una cosa in comune: ci parlano del rapporto profondo tra l’uomo e la terra.

A Siracusa, uno dei punti cardinali della Sicilia sepolta, si trova la Catacomba di San Giovanni, una delle più vaste dell’intera area mediterranea. Centinaia di metri di gallerie, corridoi, nicchie, arcosoli, tombe familiari, scavate nella calcarenite e ancora percorribili. Nei pressi, la cripta di San Marciano e la Grotta di Santa Lucia permettono di comprendere il sincretismo religioso che ha attraversato l’isola nei secoli. Il sito è aperto al pubblico con orari regolari e visite guidate in più lingue.

A Palermo, il luogo più noto ma ancora sconcertante è la cripta dei Cappuccini. Lì, le salme di monaci e notabili, imbalsamate secondo tecniche del XVII e XVIII secolo, sono esposte in corridoi ordinati, vestite, identificate, quasi in posa. È una galleria della morte, certo, ma anche un archivio sociale, dove il modo di morire racconta quello di vivere. Il sito è facilmente raggiungibile dal centro e dotato di segnaletica turistica.

Ma è a Catania che il concetto di città sotto la città raggiunge la massima espressione. L’eruzione dell’Etna del 1669 seppellì parte dell’antica urbe romana, ma non la cancellò. Oggi, sotto strade, piazze e palazzi barocchi, scorrono ancora l’acquedotto romano, i resti di terme e anfiteatri, cripte paleocristiane e passaggi sotterranei. Alcuni sono visitabili: come le terme dell’Indirizzo, vicino al mercato della Pescheria, oppure il sottosuolo della chiesa di San Gaetano alle Grotte, dove ancora scorre l’acqua dell’antico Amenano.

Tra le esperienze più suggestive, si segnala il tour “Catania Sotterranea”, prenotabile online o presso gli info-point cittadini, che consente l’accesso in sicurezza a tratti dell’antico tessuto urbano, spiegati da archeologi e guide abilitate.

Ma la Sicilia sotterranea non è solo urbana. Nei monti Iblei, ad esempio, il sistema delle latomie, antiche cave di pietra greche, ha dato vita a scenari surreali: pareti verticali, alberi cresciuti in fondi di cava, cisterne d’acqua piovana. A Pantalica, sito UNESCO, oltre 5.000 tombe rupestri si aprono sulle pareti delle gole dell’Anapo, raggiungibili con sentieri escursionistici ben segnalati. A Ispica, la Cava d’Ispica conserva interi quartieri scavati nella roccia: abitazioni, magazzini, chiese rupestri. Alcuni tratti sono attrezzati e visitabili con facilità, anche per famiglie.

Un altro mondo ancora si apre nei qanāt palermitani: canali scavati dagli arabi tra il IX e l’XI secolo per portare acqua potabile dalle colline fino alla città. Ancora oggi, alcuni tratti sono percorribili con guide speleologiche esperte: un’immersione completa nella tecnica idraulica araba, resa ancora più suggestiva dal buio e dal suono costante dell’acqua.

Chi viaggia in Sicilia con curiosità e rispetto dovrebbe regalarsi almeno un’esperienza nel suo sottosuolo. Perché lì, dove la luce non arriva, si conservano intatti secoli di memoria, scelte collettive, credenze, fughe, forme di resistenza. E soprattutto, lì si comprende che l’isola non è fatta solo di paesaggi da cartolina, ma anche di profondità che attendono solo di essere riconosciute.

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